Lunedì 18 maggio si è tenuta presso l'aula Pio XI una lezione aperta della Facoltà di Scienze politiche e sociali dal titolo "La figura dell'arabo nella cultura israeliana: arte, cinema e letteratura". L’iniziativa ha visto la partecipazione del prof. Alon Altaras, docente di lingua e cultura ebraica dell'Università di Pisa, e si è declinata in un dialogo a due voci con il prof. Riccardo Redaelli, docente di Storia dell'Asia nel nostro Ateneo. Punto focale dell’incontro è stata la lettura della questione israelo-palestinese attraverso una prospettiva volta a mostrare i processi di percezione dell'Altro e di costruzione dell’identità da parte del mondo culturale israeliano.
La premessa necessaria per approfondire questa tematica è stata il chiarimento del concetto di cultura israeliana, termine con il quale si definisce la produzione artistica e intellettuale sorta dopo la fondazione dello Stato israeliano. Una produzione che si distingue da quella che viene generalmente associata alla cultura ebraica, d'ispirazione esclusivamente religiosa, e dal concetto di hebrew culture; quest'ultima, sviluppata con l'arrivo dei primi ebrei migranti in Palestina, propone una rielaborazione di elementi della cultura tradizionale in chiave laica. La distinzione tra questi tre aspetti, che convivono - a volte sovrapponendosi - nell’attuale sostrato culturale israeliano, è stata la precisazione necessaria per tentare di comprendere la questione identitaria di questa nazione, oggi ancora aperta e di importanza vitale nel dibattito interno.
Proprio partendo dalla hebrew culture, il prof. Altaras è entrato nel vivo del discorso spiegando come l'evoluzione di questo movimento abbia attinto dal contesto che artisti e intellettuali ebrei trovarono al loro arrivo nella Terra Promessa - un contesto profondamente segnato da elementi culturali propri delle popolazioni arabe autoctone che finì con l’influenzare in maniera significativa i canoni stilistici. Una contaminazione che investì non solo le avanguardie artistiche - come dimostrato da diverse opere della Scuola d'Arte di Bezalel che ritraevano i patriarchi sulla base di fotografie di capi tribali beduini – ma anche fasce sempre più ampie dei nuovi arrivati, che non esitavano ad assumere costumi e abitudini della popolazione araba di Giaffa o di Gerusalemme.
La svolta, dal punto di vista storico e culturale, è stata rappresentata dalla fondazione di Israele nel 1948: la guerra che per gli israeliani è d'Indipendenza, e che invece viene chiamata dai palestinesi nakba, la catastrofe. In quell'anno, infatti, migliaia di arabi residenti nei territori del nascente stato israeliano fuggono o vengono cacciati dai loro villaggi. Nella ricostruzione fornita da Alon Altaras, gli intellettuali e gli scrittori israeliani colgono la gravità dell'evento, portando allo sviluppo - già dagli anni Cinquanta - di una letteratura nazionale che vuole far conoscere e vuole far riflettere, non solo sulle tragedie connesse a questo momento storico, ma anche sulle ripercussioni morali che quelle azioni avrebbero potuto avere sull'identità e sulla cultura israeliana.
Così inserendosi nel solco tracciato da Yizhar Smilansky ad Amos Oz, da Meir Wieseltier ad Avraham Yehoshua, il Professor Altaras ha raccontato una realtà culturale a tratti sconosciuta al pubblico non israeliano, citando anche una serie di autori arabo-israeliani come Emile Habibi, Anton Shammas e Sayed Kashua impegnati nel presentare la “figura dell'arabo”, non solo in quanto elemento "altro" al quale contrapporre un senso di appartenenza comunitaria , come si è soliti immaginare, bensì come parte integrante di un più ampio processo di riflessione culturale e sociale ancora oggi in atto.
Il percorso delineato ha permesso di approfondire la conoscenza di una tradizione di pensiero che trova sostegno in parte dell’opinione pubblica israeliana anche se, ad oggi, essa risulta essere portatrice di una visione che fatica ad affermarsi come corrente maggioritaria. Nonostante questo, è interessante notare come molte delle opere di questi autori siano adottate come testi scolastici nelle scuole superiori in Israele, permettendo così la diffusione di una cultura che si caratterizza per il suo continuo interrogarsi sull’identità, non solo in quanto risultato di un processo interno alla società, ma soprattutto come esito dell’incontro con ciò che è esterno.
Ne emerge quindi un dibattito, un continuo confronto della cultura israeliana non solo con la “figura dell’arabo”, ma, soprattutto, con le diverse anime che la compongono e che molte volte danno vita a complesse divisioni politiche e sociali e linee di frattura, evocate dallo stesso prof. Altaras a conclusione dell’incontro, e che tanta influenza hanno avuto sugli esiti del conflitto israelo-palestinese: "Di una cosa sono certo che, come avete visto attraverso le letture di queste opere, le politiche aggressive e violente dei vari governi israeliani che si sono succeduti non possono affermare di aver avuto l'appoggio degli intellettuali, degli scrittori e degli artisti che, anzi, hanno sempre voluto sottolineare il pericolo di questi atteggiamenti".